| Questo libro segue a brevissima distanza la pubblicazione di "io ero l'albero (tu il cavallo)": il discorso continua: dalla descrizione dell'unico modo di fare teatro oggi, si procede ora presentando al lettore un'antologia delle creazioni teatrali di alunni appartenenti a scuole elementari e dell'obbligo, nate spontaneamente, senza spettatori né ruoli fissi, senza palcoscenico e senza copione. E se copione c'è, come sì vedrà in questo testo, nasce dopo, come un contratto legale segue gli accordi tra le parti. Tali esperienze sono state prescelte seguendo il criterio dell'importanza, senza voler con ciò far torto alle numerose iniziative locali di cui però diffìcilmente si riesce ad avere notizie precise: che queste attività si svolgono ancora come in un sottobosco intricato e in un'atmosfera sperimentale, e perciò il più delle volte sottaciuta; ma comunque saranno strame, ne siamo certi, per l'influenza che eserciteranno sullo sviluppo delle attività didascaliche pedagogiche scolastiche dei prossimi anni. Nell'antichità le scuole d'oratoria aprivano a molte strade civili e no. Parlare bene era sinonimo di ben vivere. E se i patrizi acquisivano poteri e gloria, i plebei nelle loro recitazioni usavano la parola come una frusta', in un continuo processo dialettico. L'esperienza del teatro dei ragazzi che proponiamo può anche significare questo: sappiate adoperare la parola così da adoperarla come un'arma contro una società che tarda a morire, per una società che tarda a nascere. |